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23 Maggio 2020

Dieci motivi per cui la patente di immunità non è una buona idea

In un articolo su Nature, Natalie Kofler, biologa molecolare alla Medical School di Harvard e fondatrice di "Editing Nature" alla Yale University, e Françoise Baylis, professoressa di Bioetica alla Dalhousie University in Canada, hanno presentato 10 motivi per cui le patenti d'immunità non sono una buona idea, tantomeno lo strumento su cui basare un ritorno alla normale vita sociale e lavorativa.
Quattro seri problemi pratici e sei obiezioni di carattere etico si sommano a una pessima idea di per sé, scrivono Kofler e Baylis: 1) L'immunità a COVID-19 resta un mistero. Dagli studi realizzati finora non sappiamo ancora con certezza in che misura gli anticorpi che il sistema immunitario produce contro SARS-CoV-2 diano una protezione immunitaria duratura. Si sta ancora cercando di comprendere l’immunità al nuovo coronavirus e non possiamo ancora stabilire con certezza quanto duri nel tempo e quanto potrebbe proteggere contro un secondo contagio. 2) I test sierologici non sono ancora affidabili con il rischio di individuare falsi positivi e falsi negativi. 3) Il numero dei test necessari è irraggiungibile. Sarebbero necessari decine o centinaia di milioni di test sierologici per un programma nazionale di certificazione dell'immunità. Anche se i passaporti per l'immunità fossero limitati agli operatori sanitari, il numero di test richiesti potrebbe essere impossibile. Gli Stati Uniti, ad esempio, avrebbero bisogno di oltre 16 milioni di tali test. Al momento della pubblicazione dell'articolo, i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie e i laboratori statunitensi di sanità pubblica avevano eseguito oltre 12 milioni di test diagnostici per SARS-CoV-2. Al 20 maggio, la Corea del Sud era riuscita a testare l'1,5% della sua popolazione. 4) Troppo pochi guariti per pensare di rilanciare l'economia. Sulla base del numero attuale dei casi confermati negli Stati Uniti, ad esempio, solo lo 0,43% della popolazione avrebbe diritto alla patente d'immunità. Si tratta di percentuali irrilevanti per l'economia e per la sicurezza. Un bar non può aprire e servire i clienti senza rischi se solo una parte del suo personale è certificata come immune. Un negozio non può generare profitti se solo una minima parte dei clienti è autorizzata a entrare.
A questi problemi tecnici si aggiungono poi questioni etiche: dovendo monitorare "chi può andare dove", qualsiasi strategia per la patente d'immunità deve includere un sistema di identificazione e controllo e questo richiederà probabilmente uno sviluppo di un'app digitale con evidenti implicazioni sulla privacy di ciascuno di noi. I gruppi marginalizzati rischieranno di dover affrontare controlli più approfonditi, con maggiori possibilità di essere profilati ed eventuali danni a gruppi razziali, sessuali, religiosi o di altre minoranze. Inoltre, con una carenza di test, i ricchi e i potenti potrebbero avere maggiori probabilità di ottenere un test rispetto ai poveri e alle persone più vulnerabili. All'inizio di marzo, ad esempio, quando venivano testati team sportivi professionisti, dirigenti di aziende tecnologiche e celebrità del cinema, decine di Stati statunitensi stavano conducendo meno di 20 test al giorno. Questo significa una distribuzione ineguale delle patenti d'immunità con il rischio che proprio le persone che hanno bisogno di lavorare non potranno farlo perché sprovvisti della certificazione necessaria perché non avranno potuto avere avuto accesso al test. E, in assenza di un vaccino obbligatorio, se la patente d'immunità diventa l'unica certificazione di immunizzazione a COVID-19, si rischierebbe di creare un nuovo modo per dividere gli "abbienti" da "non abbienti": gli "immunoprivilegiati" e gli "immunodeprivati".
Cosa fare, allora? Kofler e Baylis propongono due strade: "invece delle patenti d'immunità, i governi e le imprese dovrebbero investire tempo, talento e denaro disponibili nelle tre T, testare, tracciare e trattare. E poi dovrebbero sviluppare, produrre e distribuire in tutto il mondo un vaccino per SARS-CoV-2. Se diventa possibile l'accesso universale, tempestivo e gratuito a una vaccinazione, potrebbe essere eticamente ammissibile richiedere la certificazione della vaccinazione per la partecipazione a determinate attività. Le minacce alla libertà, equità e salute pubblica sono inerenti a qualsiasi piattaforma progettata per separare la società sulla base di dati biologici. Tutte le politiche e le pratiche devono essere guidate da un impegno per la giustizia sociale". [Leggi l'articolo su Nature]

13 Ottobre 2020 17:18
Trump, il super diffusore di disinformazione (con l’aiuto dei media)

Trump non ha bisogno dei russi per diffondere disinformazione. Ci pensano benissimo i media mainstream a dargli una mano. Il voto postale è sicuro, casi di frode sono rarissimi e hanno una portata talmente limitata da essere irrilevanti. Eppure milioni di americani, secondo diversi sondaggi, si sono convinti che il voto postale sia causa di brogli elettorali di massa.
Si potrebbe pensare che sia colpa delle "fake news", dei social media e delle infiltrazioni russe. E invece sorpresa: la principale fonte di disinformazione sul voto postale è il presidente degli Stati Uniti d'America, Donald Trump. In questo aiutato dai media mainstream di tutto lo spettro politico, che sistematicamente ne amplificano il messaggio. A dimostrarlo un nuovo studio del Berkman Klein Center for Internet and Society at Harvard University, che ha analizzato, quantitativamente e qualitativamente, 55mila storie pubblicate dai media online (inclusi siti online di TV, giornali e radio locali e fonti esclusivamente online, forum di siti che vanno da Huffington Post e Breitbart a Townhall o DailyKos fino a blog personali) attraverso Media Cloud, 5 milioni di tweet attraverso Brandwatch, 75mila post di pagine Facebook usando CrowdTangle, relativi al voto per posta e al rischio brogli, pubblicati fra il 1 marzo e il 31 agosto 2020.

1 Ottobre 2020 17:16
Cosa sappiamo delle prove della virologa cinese, Li-Meng Yan, sul virus fabbricato in laboratorio

A settembre Li-Meng Yan, virologa cinese, intervistata da Fox News, ha raccontato senza dubbi o esitazioni che il virus SARS-CoV-2, responsabile della pandemia in corso, è stato creato in laboratorio, come ha cercato poi di dimostrare in un articolo pubblicato su una piattaforma open access. Dall'isolamento del SARS-CoV-2 i tentativi di sostenere che il virus provenisse dal laboratorio di massima sicurezza di Wuhan (WIV) sono stati tanti. Ma erano affermazioni non supportate da evidenze o ricostruzioni pseudo-scientifiche inattendibili, secondo cui era stato disperso per negligenza un virus isolato in natura e studiato al WIV, o che al WIV stavano modificando per motivi sperimentali. Se così fosse stato, quei virus avrebbero riportato nella loro sequenza una precisa impronta molecolare e qualche traccia delle manipolazioni, che SARS-CoV-2 invece non ha. Nell'articolo, Li-Meng Yan costruisce una narrazione molto articolata, cerca di dimostrare con dovizia di dettagli, che chi non ha competenze in biologia molecolare fatica a seguire, come SARS-CoV-2 sia stato (o potrebbe essere stato) creato in laboratorio, per collocare alla fine la pistola fumante nelle mani di Shi ZhengLi, ricercatrice del laboratorio WIV. Ma, a un'analisi attenta, l'articolo risulta pieno di lacune e con chiari intenti politici.

18 Settembre 2020 17:15
Limitazione delle scorte di cibo, aumento dei prezzi e impoverimento dei redditi: la pandemia sta aggravando le disuguaglianze economiche

Limitazione delle scorte di cibo, aumento dei prezzi e impoverimento dei redditi. Tra le principali conseguenze negative della pandemia di COVID-19 c'è il rafforzamento delle diseguaglianze economiche. Secondo il Fondo Monetario Internazionali (FMI) nel 2020 la crescita globale prevista sarà di –4,9%, mentre la ripresa dovrebbe essere più graduale di quanto stimato in precedenza. L'FMI spiega inoltre che l'impatto negativo sulle famiglie a basso reddito è particolarmente pesante. Una situazione che mette "a repentaglio i significativi progressi compiuti nella riduzione della povertà estrema nel mondo gli anni '90". L'impatto socio-economico della pandemia COVID-19 rischia di colpire in maniera particolare i minori, secondo l’UNICEF. In particolar modo nell'Africa subsahariana e nell'Asia meridionale. Aumento di disuguaglianze e povertà non sono però fenomeni limitati ai paesi più poveri. Infatti, persone che prima lavoravano e che non si erano mai sentite obbligate a cercare aiuto ora stanno facendo la fila ai banchi alimentari anche ad esempio negli Stati Uniti, in Spagna e in Gran Bretagna.

17 Settembre 2020 17:13
La corsa geopolitica al vaccino che rischia di minare la fiducia dei cittadini

Quando è iniziata la corsa per la produzione dei vaccini per debellare la COVID-19, uno degli scenari più temuti dagli scienziati e dagli esperti di salute pubblica di tutto il mondo era rappresentato dal sacrificio della sicurezza di un eventuale vaccino in nome della velocità. Da subito, politica e scienza hanno parlato linguaggi diversi, tra chi annunciava che avremmo avuto un vaccino “entro 12 o 18 mesi” e chi, invece, predicava prudenza e invitava a non fare proclami, cercando di spiegare quanto fosse lungo l’iter di approvazione di un vaccino. Questo perché creare un vaccino è, per certi versi, la parte più semplice. Dimostrare che è sicuro ed efficace e che può essere usato in grandi fasce della popolazione e in grandi quantità, può richiedere invece anche decenni. «Sembra che ci sia una corsa per comprimere i tempi, sopprimere le scadenze e ignorare i problemi di sicurezza», ha detto Paul Offit, capo del Vaccine Education Center del Children's Hospital di Filadelfia, negli USA. Il risultato è che sempre più persone, non necessariamente antivacciniste, stanno nutrendo dubbi sulla sicurezza di un eventuale vaccino contro il nuovo coronavirus e non sono predisposte a essere vaccinate, rischiando così di pregiudicare l’efficacia di un’eventuale campagna di vaccinazione.

12 Settembre 2020 17:12
QAnon, la nuova ‘religione’ complottista dell’era Trump nata sul web, entrata nella realtà ed esplosa con la pandemia

Anche se può sembrare strano, il potere negli Stati Uniti non lo esercita il governo federale. Tutt’altro: è in mano ad un’oscura cricca di potenti pedofili che adorano Satana, succhiano il sangue dei bambini per rimanere in salute, e si sono infiltrati in tutti i gangli delle istituzioni politiche, mediatiche e culturali – Hollywood compresa. Fortunatamente, a tenere testa a questo “Stato nello Stato” ci sono Donald Trump e un gruppo di militari sotto copertura. Il presidente e altri “patrioti” stanno segretamente conducendo una guerra contro questa cricca, e tra poco i traditori finiranno a Guantanamo a scontare il resto dei loro giorni. Un anonimo funzionario dell’intelligence, conosciuto come “Q”, racconta questa grande battaglia attraverso messaggi criptici postati online. O almeno, questa è la convinzione centrale di “QAnon”- il nome della più assurda, complicata e diffusa teoria del complotto negli Stati Uniti. Sebbene le teorie del complotto facciano più presa in tempi di grandi sconvolgimenti politici e sociali, secondo diversi esperti QAnon è un qualcosa di profondamente diverso da quanto abbiamo visto finora. “È sicuramente alimentato da paranoia e populismo”, ha scritto la giornalista Adrianne LaFrance, “ma anche dalla fede religiosa. QAnon combina il fascino per il cospirazionismo con l’aspettativa di un futuro radicalmente diverso e migliore”. Preso alla lettera, tuttavia, il futuro di QAnon è apocalittico e violento. Se i tuoi avversari politici smettono di essere tali, e sono raffigurati come adoratori di Satana che bevono il sangue di bambini innocenti, eliminarli fisicamente diventa una soluzione praticabile. E il “Grande Risveglio” – il momento in cui la cricca sarà sconfitta – è di fatto un colpo di stato militare in cui politici e oppositori spariscono in campi di concentramento senza alcun processo. Non a caso, l’FBI l’ha inserito nella lista delle “minacce domestiche”. Nonostante ciò, Donald Trump si è rifiutato di prendere le distanze; anzi, l’ha velatamente supportata, definendo i seguaci della teoria come “persone che amano il loro paese”. In questo lungo articolo abbiamo ripercorso la storia di QAnon, rintracciato i suoi precedenti storici e culturali, e cercato di capire come mai delle previsioni completamente sballate abbiano generato un movimento globale.