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La Polonia annuncia l’uscita dalla Convenzione europea sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne

30 Luglio 2020 4 min lettura

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La Polonia annuncia l’uscita dalla Convenzione europea sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne

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Il governo della Polonia ha annunciato l’intenzione di uscire dalla Convenzione di Istanbul del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. Si tratta del primo trattato legalmente vincolante sul tema, nato con l’obiettivo di porre fine alla violenza e alle discriminazioni contro le donne, proteggere le vittime ed eliminare l'impunità per chi commette abusi.

Durante una conferenza stampa tenutasi sabato, il ministro della Giustizia polacco Zbigniew Ziobro ha affermato che avrebbe predisposto gli adempimenti formali per avviare il processo di ritiro del paese dal trattato. Secondo Ziobro – del piccolo partito Polonia Solidale, alleato della coalizione di governo guidata da Diritto e Giustizia (PiS), fortemente legato alla Chiesa Cattolica – la legislazione polacca è sufficiente a proteggere le donne, anzi è più efficace della Convenzione. Il documento del Consiglio d’Europa, invece, contiene una «parte che riguarda l’ideologia e danneggia gli interessi delle donne e della famiglia». Tra questi «elementi di natura ideologica» contrari all’indirizzo del governo ci sarebbe l’insegnamento della cosiddetta «teoria del gender» nelle scuole, uno spettro utilizzato dalla Chiesa e dai movimenti ultra conservatori e ambienti di estrema destra per sostenere l'esistenza di un complotto per distruggere la famiglia e l'identità sessuale di uomini e donne.

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L’annuncio di Ziobro si inserisce nell’agenda perseguita dal partito di governo PiS e dai suoi alleati di promozione della “famiglia tradizionale”. Durante la campagna elettorale per la rielezione, il presidente Andrzej Duda, recentemente riconfermato dopo aver battuto il sindaco di Varsavia Rafał Trzaskowski, aveva portato avanti numerosi attacchi nei confronti della comunità LGBTI, sempre sotto l’ombrello della “difesa della famiglia” e della “lotta al gender”. In uno degli ultimi comizi prima del voto, Duda aveva definito “l’ideologia LGBTI” «più pericolosa del comunismo».

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Domenica PiS si è distanziato dalla proposta del ministro Ziobro, dicendo che non tutta la coalizione era favorevole e che non era ancora stata presa nessuna decisione. «Il ministro ha qualche idea. Se avanza la sua proposta la analizzeremo», ha detto la portavoce del partito Anita Czerwinska. Anche dal governo hanno fatto sapere di non aver preso nessuna decisione. PiS è stato comunque sempre critico rispetto al trattato e ha ripetutamente utilizzato la retorica sull’“ideologia del gender” per legittimare attacchi ai diritti delle donne e della comunità LGBTI.

La Convenzione di Istanbul è stata adottata dal Consiglio d’Europa nel 2011. La Polonia l’ha sottoscritta nel 2012, ad opera di un governo centrista, e successivamente ratificata nel 2015. Poco dopo, PiS avrebbe preso il potere nel paese.

Già in quel periodo, Ziobro aveva definito il trattato «un’invenzione, una creazione femminista con lo scopo di giustificare l’ideologia gay». È un argomento attraverso il quale le destre e i leader nazionalisti attaccano frequentemente la Convenzione, nonostante questa peraltro non faccia menzione dei diritti della comunità LGBTI. L'Ungheria, ad esempio, ha firmato il trattato nel 2014, ma non l'ha mai ratificato. Lo scorso maggio, il parlamento ungherese ha adottato una dichiarazione politica che blocca la ratifica della Convenzione. Quest'ultima, secondo i politici promotori della dichiarazione, oltre a promuovere "l'ideologia del gender" e mettere in pericolo i valori della famiglia tradizionale, proteggendo le donne migranti e rifugiate vanifichrebbe tutti gli sforzi nel contrasto all'immigrazione clandestina da parte del governo ungherese.

La segretaria generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejčinović Burić, ha espresso preoccupazione circa l'annuncio del governo polacco di voler uscire dalla Convenzione, che è “il trattato internazionale chiave per combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica”. Questo, ha dichiarato, è “il suo unico obiettivo. Se ci sono incomprensioni sulla Convenzione siamo pronti a chiarirle in un dialogo costruttivo. Lasciare la Convenzione di Istanbul sarebbe altamente deplorevole e un grosso passo indietro nella protezione delle donne dalla violenza in Europa”.

Anche dalla Commissione Europea hanno fatto sapere di rammaricarsi “che una questione così importante sia stata distorta da argomenti fuorvianti in alcuni Stati membri”.

Migliaia di persone, per la maggior parte donne, hanno protestato venerdì e sabato per le strade di Varsavia e di altre città del paese contro l’annuncio del governo.

Nella capitale, un gruppo di diverse centinaia di manifestanti vestite come le ancelle della serie tv Handsmaid's Tale, tratta dal romanzo distopico di Margareth Atwood, si è riunito di fronte la sede di Ordo Luris, un’associazione ultra conservatrice impegnata in battaglie contro aborto e libertà di scelta, che recentemente ha portato avanti una campagna proprio contro la Convenzione di Istanbul, definita un documento con il solo fine di imporre l’ideologia del gender.

Alcune donne sono scese in strada portando i necrologi delle donne polacche uccise dai loro partner o mariti.

Altre portavano cartelli con scritto “PiS è l’inferno delle donne”, cantando cori come «Non saremo vittime».

«Questo governo ha riso in faccia alle vittime di violenza di genere per anni», ha detto Marta Lempart, una delle leader del Polish Women’s Strike. L’obiettivo ultimo del ritiro dalla Convenzione, ha aggiunto, «è legalizzare la violenza domestica».

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L’organizzazione di Varsavia Centrum Praw Kobiet (Centro per i diritti delle donne) stima che il fenomeno della violenza domestica sia diffuso e scarsamente denunciato in Polonia. Secondo l’organizzazione, nel paese circa 800.000 donne sono vittime di violenza ogni anno, con 400-500 morti segnalate ogni anno a causa di percosse, omicidi e suicidi legati alla violenza domestica.

Secondo Natalia Broniarczyk, attivista del gruppo Abortion Without Borders, i politici del partito di governo «sanno che la violenza contro le donne è una realtà di ogni giorno in Polonia. La cosa più crudele è il tempismo: stanno tornando sull’argomento durante una pandemia, quando la situazione delle vittime di violenza è peggiorata molto, visto che erano bloccate a casa con i loro maltrattanti». Anche in Polonia, come in tutto il mondo, le misure del lockdown hanno esacerbato situazioni di abusi domestici e violenza.

Foto in anteprima via @WandaNowicka

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